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Artrosi

ARTROSI

COS’È L’ARTROSI?

L’artrosi è il disturbo articolare cornico più diffuso al mondo. Se vogliamo riprendere una definizione recente è: “una condizione comune caratterizzata da dolore articolare e rigidità con conseguenze rilevanti sulla funzionalità, restringendo significativamente le ADL e spesso porta ad una riduzione della qualità della vita”.

Attenzione però: non sempre è dolorosa! L’artrosi può essere considerata un processo di invecchiamento dell’articolazione. Così come invecchiando perdiamo i capelli, o diventano bianchi, oppure ci vengono le rughe, così anche le superfici articolari diventano più frastagliate, meno lisce e si deformano; il problema è che però alcune volte l’artrosi da dolore.

Già a 45 anni circa il 30% della popolazione presenta segni di artrosi all’anca o al ginocchio, e la percentuale aumenta con l’aumentare dell’età. Per fortuna però meno del 50% ha dolore.

 

COME SI PREVIENE E QUALI FATTORI SONO INVECE PERICOLOSI?

Pur essendo una condizione quasi fisiologica e legata all’invecchiamento, ci sono fattori protettivi e altri che invece accelerano le deformazioni articolari.

La conformazione anatomica, la genetica sfavorevole, aver subito traumi articolari o interventi chirurgici in giovane età, sono tutti fattori che possono peggiorare la progressione, ma su cui, purtroppo, non possiamo farci nulla.

Possiamo però rallentare la progressione avendo uno stile di vita sano. Sappiamo che le persone che praticano sport che prevedono un carico articolare, come la corsa, hanno un rischio minore del 70% di sviluppare artrosi dolorosa. Inoltre la nutrizione è fondamentale: essere in sovrappeso o obesi, o avere patologie metaboliche come diabete, dislipidemia o ipertensione, peggiora la progressione e il dolore.

Concentriamoci su fattori che possiamo modificare e su cui possiamo avere l’ultima parola. Per prevenire bisogna stare in salute, praticare attività fisica e controllare il peso corporeo.

 

COME SI TRATTA L’ARTROSI?

Sono stati proposti tanti trattamenti per l’artrosi, alcuni più efficaci, altri invece inutili. Partiamo da quelli più utili:

ESERCIZIO FISICO: l’esercizio fisico è certamente il trattamento più sicuro e migliore da intraprendere se si soffre di artrosi. Indipendentemente dall’età e della proprie capacità bisogna iniziare a dare movimento all’articolazione e rinforzare la muscolatura. Anche in età molto avanzata i nostri tessuti si modificano e si adattano agli stimoli che gli diamo. Chiaramente l’esercizio va individualizzato e deve essere mirato alla propria condizione e alle proprie capacità. (Vuoi iniziare a correre? Inizia da qui!)

NUTRIZIONE: anche in questo caso la comunità scientifica è certa: bisogna controllare la bilancia se siamo in sovrappeso o obesi e soffriamo di dolore articolare. (Sei alla ricerca di un nutrizionista? Prenota una visita con il Dott. Lenzi!)

EDUCAZIONE: l’educazione da sola non è sufficiente, ma il paziente va guidato, seguito e educato attraverso il suo percorso riabilitativo. Ci possono essere dei periodi di benessere, seguiti da peggioramenti improvvisi. L’artrosi può essere molto dolorosa, e non sempre possiamo controllarla. Sapere come gestire i momenti più dolorosi e quelli in cui riusciamo a muoverci con meno fatica è importantissimo.

FARMACI: l’utilizzo dei farmaci per trattare l’artrosi non trova tutti d’accordo. Le ultime linee guida consigliano di utilizzare farmaci antiinfiammatori FANS, la minor dose possibile per il periodo più breve possibile quando il dolore è molto forte e molto disabilitante. Sono sconsigliati invece gli oppioidi, la tachipirina e farmaci antidolorifici.

MASSAGGI: i massaggi e la terapia manuale non servono molto. Sono utili però mobilizzazioni articolari se è presente forte rigidità articolare (e muscolare), e si è in una fase in cui il dolore non è molto intenso.

TERAPIA FISICA: anche in questo caso fare TECAR, laser o altre terapie passive serve a poco o nulla. Come avete capito i trattamenti migliori sono quelli in cui il paziente prende in mano la situazione e gestisce il suo problema con impegno e costanza quotidiana. Sperare che un farmaco, un massaggio o una macchina curi l’artrosi è sbagliato.

INFILTRAZIONI: se dopo un trattamento di alcuni mesi, almeno 2 o 3, non c’è beneficio e il dolore non migliora, la letteratura scientifica consiglia di effettuare un ciclo di infiltrazioni per provare a togliere il dolore e poter lavorare con esercizi di rinforzo per avere miglioramenti più a lungo termine. Le infiltrazioni di acido ialuronico dovrebbero essere evitate perché non utili; sono invece utili infiltrazioni di cortisone.

INTERVENTO CHIRURGICO: quando tutti i precedenti interventi hanno fallito l’intervento chirurgico può e deve essere preso in considerazione. Vi parlerò in un prossimo articolo del ruolo della fisioterapia in seguito a protesi di anca o di ginocchio.

 

Hai domande specifiche o vuoi capire se il tuo dolore è dovuto all’artrosi? Non esitare a contattarmi

Distorsione di caviglia

DISTORSIONE DI CAVIGLIA

Distorsione di caviglia

La distorsione di caviglia è l’infortunio più frequente degli arti inferiori, colpisce di più le donne e i bambini/adolescenti e non è solo una patologia degli sportivi: il 50% circa avviene in situazioni di vita quotidiana.

Gli sport più a rischio sono il calcio, il basket, la pallavolo, il tennis e la corsa in montagna o campestre.

Si può avere una distorsione in tutte le direzioni, ma quella di gran lunga più frequente è quella che coinvolge la parte laterale della caviglia.

Fattori di rischio

La distorsione di caviglia è anche quello che ha più recidive (nuovi infortuni della stessa struttura). Infatti il fattore di rischio più importante è avere già avuto una distorsione. Altri fattori di rischio possono essere: il sovrappeso, un senso di equilibrio non ottimale, mancanza di forza e coordinazione, mancanza di sonno.

Recupero e ritorno all’attività

Circa il 75% degli atleti che hanno subito una distorsione ritornano a giocare nel giro di 3/5 giorni. Questo però in casi di distorsioni più leggere e che interessano i legamenti in maniera marginale. E non è detto che siano guariti del tutto: infatti in molti presentano deficit di forza, articolarità e coordinazione. Nel caso di distorsioni più importanti il recupero arriva anche a 3/4 settimane ed è molto frequente (anche il 25/30%) quello che viene chiamata ICC (Instabilità Cronica di Caviglia) e cioè dei sintomi che non guariscono mai del tutto e che possono durare anche anni. Questo avviene principalmente perché si sottovaluta l’infortunio iniziale e non si effettua un percorso riabilitativo ottimale.

Valutazione

Al momento della valutazione è utile valutare diversi aspetti:

  • Somministrare le Ottawa Ankle Rules, per capire se il paziente ha necissità o meno di andare in Pronto Soccorso. Scopri cosa sono qui!
  • Dolore: è un ottimo indicatore per i tempi di recupero; più intenso è il dolore più sarà lungo il recupero.
  • Gonfiore: più è gonfia la caviglia in seguito a una distorsione maggiori saranno le probabilità di problemi a lungo termine.
  • Movimento: una restrizione di movimento, soprattutto in dorsiflessione (punta del piede verso il ginocchio), maggiori saranno le probabilità di avere una ICC.
  • Forza: un deficit di forza dei polpacci è un indicatore di maggiore gravità della dostorsione.
  • Equilibrio: anche qui, se c’è perdita di equilibrio statico si ha maggiore probabilità di avere ICC.
  • Equilibrio dinamico e cammino: se la persona zoppica vistosamente, o ha sensazioni di cedimento durante il cammino, avrà tempi di recupero maggiori.
  • Salute generale: se un soggetto è sportivo e in buona salute, recupererà prima e meglio, rispetto a una persona sedentaria.

Trattamento

Per il trattamento la strategia migliore è rappresentata del PEACE&LOVE (Approfondisci qui).

In Fase ACUTA, primi 1/5 giorni a seconda della gravità, effettuare Protezione (bendaggi, riposo, evitare il dolore), Elevazione (mettere la caviglia più alta del cuore), eliminare gli Antiinfiammatori (danneggiano i tessuti a lungo termine e ritardano il recupero), Compressione (bendaggi funzionali), Educazione (fondamentale circondarsi di professionisti che ci indichino le strategie migliori da prendere per i nostri infortuni).

Passata questa fase acuta il nostro corpo ha bisogno di LOVE: Load (Carico in italiano: dobbiamo iniziare a caricare l’articolazione, in base al dolore e alle nostre capacità. Non bisogna rimanere a riposo per troppo tempo, ma effettuare un carico graduale e progressivo permette di recuperare prima e meglio), Ottimismo (avere un approccio attivo, ottimista e fiducioso rispetto a un infortunio migliora di molto la prognosi e il recupero. Tutti i dubbi e i pensieri negativi devono essere ascoltati e risolti insieme al tuo fisioterapista), Vascolarizzazione (fare attività fisica cardiovascolare, ad esempio bici o nuoto, migliora la salute generale e velocizza il recupero), Esercizi (effettuare esercizi specifici diventa fondamentale per evitare recidive, migliorare la forza e la mobilità e ritornare a giocare in sicurezza). Il carico e gli esercizi dovranno essere prescritti e guidati da un professionista a seconda del singolo caso.

Ritorno allo sport

Come in ogni infortunio il ritorno allo sport non deve basarsi sul tempo trascorso dall’infortunio, ma il paziente deve superare una serie di test funzionali (e specifici per ogni sport differente) al fine di tornare a giocare e competere in sicurezza.

 

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Gomito del tennista epicondilite

GOMITO DEL TENNISTA – EPICONDILITE

L’epicondilite si manifesta come un dolore sull’epicondilo (parte laterale del gomito). È caratteristico di persone che effettuano movimenti di presa e forza con la mano, tipicamente associato a un problema sull’inserzione dei tendini degli estensori del polso e delle dita. Conosciuto anche con il nome di gomito del tennista, sarebbe meglio chiamarlo DOLORE LATERALE DI GOMITO. Perché? Perché nella realtà è un problema più complesso e necessita di una attenta valutazione. La forma più comune rappresenta la problematica del tendine, ma conosciamo insieme le varie forme, e capiamo perché avere una diagnosi corretta è fondamentale per il percorso riabilitativo da intraprendere.

Possibili strutture coinvolte

Il più frequente e comune è un problema ai tendini: come tutte le problematiche tendinee è associata a un sovraccarico, e difatti la popolazione più coinvolta sono i lavoratori che usano molto le dita e/o le prese: elettricisti, muratori, impiegati, sportivi, etc.

Poi esistono problematiche articolari: tendenzialmente insorte in maniera più improvvisa, con un movimento brusco del braccio con un peso in mano. Sono più complesse da valutare, e più difficili da gestire. Anche perché nel caso di coinvolgimento di legamenti si può avere una microinstabilità dell’articolazione. Il trattamento sarà più lungo e a volte necessità di un lavoro di equipe tra ortopedico/fisioterapista mirato.

Coinvolgimento nervoso: il meno frequente ma anche in questo caso fondamentale da riconoscere per arrivare al piano di trattamento migliore. Tendenzialmente in questo caso il dolore è meno localizzato e può avere dei sintomi tipici di sofferenza nervosa: formicolio, bruciore, parestesia, etc.

Infine possiamo avere delle forme miste: in cui sono presenti 2 o tutte e tre le forme. Chiaramente più complesse, ma per fortuna meno frequenti.

 

Trattamento

Non sarà sempre bianco o nero ma possiamo iniziare ad avere delle idee di massima:

  • Componente tendinea: il lavoro da fare (come in tutti le problematiche ai tendini) è ristabilire la corretta capacità della componente muscolo-tendine di sopportare lo sforzo, e quindi iniziare con esercizi graduali e progressivi per rinforzare la struttura. Soprattutto all’inizio, per gestire al meglio il dolore, può essere utile utilizzare terapia manuale, stretching e, a volte, tecar o laser terapia. La prognosi dipende da quanto tempo il paziente sente dolore ma all’incirca va dalle 4 alle 6 settimane
  • Componente articolare: il trattamento sarà orientato alla protezione dell’articolazione, utilizzando tutori, bendaggi e cercando di evitare le posizioni che aumentano il dolore (tipicamente il gomito totalmente dritto). In aggiunta è molto utile fare mobilizzazioni manuali dell’articolazione e cercare di gestire il dolore. La componente di esercizi deve essere gestita con estrema attenzione per non aumentare il dolore, ma è fondamentale per una ripresa ottimale della funzionalità. La prognosi sarà più lunga, circa 12-16 settimane.
  • Componente nervosa: anche in questo caso utilizzare tutori o bendaggi per evitare delle posizioni irritanti è utile. Inoltre la mobilizzane passiva del nervo con esercizi di neurodinamica è utile per ridirre il sintomo e migliorare la tolleranza al movimento. Può essere utile del massaggio, tella terapia manuale e dello stretching dinamico. La prognosi è di circa 8-12 settimane.
  • Componente mista: una unione delle tecniche di ogni altro sottogruppo.

Conclusioni

Se i pazienti rispondono bene al trattamento fisioterapico dovrebbero comunque prestare attenzione e avere la costanza di svolgere esercizi specifici per i primi 3/6 mesi dalla ripresa delle normali attività per evitare ricadute.

Se invece il trattamento fisioterapico non è sufficiente a risolvere il dolore, può essere utile andare a fare una investigazione migliore della problematica tramite Risonanza Magnetica, e consultare uno specialista ortopedico per decidere al meglio il percorso migliore per il paziente.

 

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